Per l’età avanzata ma soprattutto per la cattiva salute, già verso la fine del mese di settembre del 1841, Francesco Grisoni commissionò all’avvocato e giudice capodistriano Pietro de Favento, la stesura del suo testamento, con il quale voleva dividere tra i suoi familiari più stretti, ma anche tra i servitori e alcune istituzioni religiose, il suo grande patrimonio.
Lasciò i vasti possedimenti di Daila e San Onofrio sopra Sicciole, come pure metà delle saline di Pirano, al convento benedettino di Praglia, a condizione che a Daila fosse costruito un ospizio per l’educazione religiosa e culturale e l’assistenza sanitaria dei parrocchiani.
Il testamento prevedeva poi che il palazzo Sabini-Grisoni di Capodistria, dove Francesco Grisoni aveva vissuto con la moglie Marianna, fosse dedicato all’educazione degli orfanelli e dei bambini poveri di Pirano, Cittanova e in particolare Capodistria, dall’età dai sei ai dieci anni. L’orfanotrofio, in seguito denominato Pio Istituto Grisoni, doveva provvedere al vitto, all’alloggio e all’istruzione degli orfanelli fino all’età di dodici anni e inoltre educarli per qualche professione.
Nel testamento è infine menzionata anche la biblioteca che viene lasciata al precettore don Placido Talia: » Al R. do Don Placido Talia religioso nel monastero di S. ta Maria di Praglia lascio la mia Biblioteca nessun libro eccettuato cogli scaffali ed armadi contenuti i libri; e questa gli verrà consegnata subito dopo la mia morte: allo stesso lascio pure le Stampe in quadri che mi ritrovo avere in Casa, ma questi non li potrà conseguire se non dopo la morte di mia moglie, e delle predette mie Sorelle«.